lunedì 30 marzo 2009

Ex Libris - 30 marzo 2009

Chi nutre nel suo cuore adamantino
disprezzo per le colpe del vicino,
Rammenta bene allor le mie parole:
Sebbene appaia e splenda come il sole,
Quel virtuoso sembiante può celare
Un'anima ricolma d'ogni male!

[M. G. Lewis, Il Monaco, 1796]

sabato 28 marzo 2009

Ex Libris - 28 marzo 2009

Non c'è principio, parte di mezzo o fine, non c'è suspence, né morale, né cause ed effetti. Quella che amiamo nei nostri libri è la profondità di molti momenti meravigliosi visti tutti in una volta.

[Kurt Vonnegut, Mattatoio N.5, 1966]

venerdì 27 marzo 2009

I Colori di Mick Davis


L'altra notte, prima di addormentarmi, ho sussurrato una parola.

Le mie labbra si sono mosse appena e, in un impercettibile bisbiglio, un nome è uscito dalla mia bocca.

"Modigliani" ho detto.

Dopodiché sono scivolato tra le braccia di Morfeo.


Naturalmente questa piccola paranoia è figlia diretta dell'aver visto il film I Colori dell'Anima, diretto da Mick Davis e interpretato da Andy Garcia. Ci siamo messi lì, io e la mia ragazza, sul divano, sotto una copertina, e ci siamo avventurati insieme nella visione di questa pellicola d'autore. Anzi, scusate, "d'autore". Le virgolette sono d'obbligo.

Sono d'obbligo perchè da un lato il film è pretenzioso, noioso nelle sue pretese "artistiche" (anche qui mi scappa la virgoletta...) e nella sua fotografia "ricercata" cerca di costruire un impianto visivo che richiami nell'impalcatura e nelle sequenze le opere degli artisti contemporanei a Modì, rigorosamente senza riuscirvi. Per la cronaca, consiglierei al regista la visione del Caravaggio di Derek Jarman o di un qualsiasi film di Peter Greenaway.

Dall'altro, vediamo un Garcia fare la macchietta di sé stesso, parodia di un Modigliani che sembra uscita da un film di Chaplin... A proposito di parodie: c'è un'intera sequenza dediata alla preparazione dei dipinti per il Salon, definito tra l'altro "la gara" in un fallimentare tentativo di mitizzare il tutto, con risultati disastrosi. Sequenza definita da Morando Morandini, nel suo Dizionario, con una frase tanto lapidaria quanto efficace, che mi sento di riportare: ""Con la gara di pittura si sprofonda nel ridicolo.""

Grazie Morandini, non avrei saputo trovare di meglio...

In effetti, varrebbe la pena di noleggiare il film solo per guardare questa scena, degna del peggiore tra i film con Stallone: in un'unica sequenza vediamo scorrerci davanti agli occhi tutti i luoghi comuni riguardanti l'artista al lavoro (c'è quello che muove la mano sulla tela con pennellate nevrotiche, c'è quello che beve, c'è quello che tiene il pennello in bocca per non perdere tempo a posarlo e via discorreno...). Forse, al posto di un improbabile Ave Maria remixato e rappato (dico sul serio...) come tappeto musicale ci sarebbe stato meglio The Eye of the Tiger.

Ma la cosa che mi fa più incazzare non è tanto l'aver perso tempo per guardare questo film...

E' l'averne perso altro per scriverne...

venerdì 20 marzo 2009

Ex Libris - 20 marzo 2009

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento, perchè rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto, perchè mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perchè mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perchè non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto più nessuno a protestare.

[ Bertolt Brecht, 1931 ]

mercoledì 18 marzo 2009

Life on Mars ? ? ?

Non ho resistito e l'ho fatto. Mi ero promesso che non l'avrei fatto, che non l'avrei fatto per nessuna ragione al mondo, che non avrei sprecato in quel modo il mio tempo, ma alla fine non ho potuto farne a meno, e...
E mi sono messo a guardare i primi episodi della versione USA di Life on Mars.
Che dire di questo "gioiello"?
Francamente non ho voglia di lasciarmi andare agli scontati (per quanto legittimi e pienamente condivisi) commenti su "Jason O'Mara che non vale un decimo di John Simm", o sul "perchè la paffuta e simpatica Annie Cartwright è stata rimpiazzata da una bionda senza un briciolo di appeal". Non voglio giudicare nemmeno il buon vecchio Keitel nei panni di Gene Hunt - non so chi esca peggio dalla visione del telefilm, se l'attore o il personaggio.
A mio avviso, per rendersi conto del perchè Life on Mars fosse una serie destinata a breve vita è sufficiente buttare l'occhio sulla sequenza dell'incidente.
La scena, nella versione inglese del telefilm, è perfetta. Montaggio, movimenti di camera, gioco di sguardi, breve dialogo tra Sam e un "bobbie", tutto si sposa alla perfezione accompagnato dalla suadente voce di Bowie in quello che diventa l'inizio dell'onirico viaggio a ritroso nel tempo di Tyler.
Viceversa quella USA è sconclusionata, non si regge in piedi e la musica risulta quasi un fastidioso sottofondo. Guardare per credere.
Io non capirò nulla di regia, sia chiaro, ma non potevano replicare esattamente la sequenza dell'originale? Dico, gli autori (di questo misfatto) si saranno pur resi conto che c'era qualcosa di "stonato" nella loro versione della sequenza...
Ciliegina sulla torta, nella versione originale Sam comincia a rendersi conto di quello che gli è successo notando i cartelloni per la costruzione dell'imminente superstrada sopraelevata, mentre invece lo stralunato O'Mara si trova di fronte le imponenti torri gemelle del W.T.C., non ancora abbattute dall'attacco terroristico del 2001.
Alla faccia di Jean Baudrillard.