venerdì 27 marzo 2009

I Colori di Mick Davis


L'altra notte, prima di addormentarmi, ho sussurrato una parola.

Le mie labbra si sono mosse appena e, in un impercettibile bisbiglio, un nome è uscito dalla mia bocca.

"Modigliani" ho detto.

Dopodiché sono scivolato tra le braccia di Morfeo.


Naturalmente questa piccola paranoia è figlia diretta dell'aver visto il film I Colori dell'Anima, diretto da Mick Davis e interpretato da Andy Garcia. Ci siamo messi lì, io e la mia ragazza, sul divano, sotto una copertina, e ci siamo avventurati insieme nella visione di questa pellicola d'autore. Anzi, scusate, "d'autore". Le virgolette sono d'obbligo.

Sono d'obbligo perchè da un lato il film è pretenzioso, noioso nelle sue pretese "artistiche" (anche qui mi scappa la virgoletta...) e nella sua fotografia "ricercata" cerca di costruire un impianto visivo che richiami nell'impalcatura e nelle sequenze le opere degli artisti contemporanei a Modì, rigorosamente senza riuscirvi. Per la cronaca, consiglierei al regista la visione del Caravaggio di Derek Jarman o di un qualsiasi film di Peter Greenaway.

Dall'altro, vediamo un Garcia fare la macchietta di sé stesso, parodia di un Modigliani che sembra uscita da un film di Chaplin... A proposito di parodie: c'è un'intera sequenza dediata alla preparazione dei dipinti per il Salon, definito tra l'altro "la gara" in un fallimentare tentativo di mitizzare il tutto, con risultati disastrosi. Sequenza definita da Morando Morandini, nel suo Dizionario, con una frase tanto lapidaria quanto efficace, che mi sento di riportare: ""Con la gara di pittura si sprofonda nel ridicolo.""

Grazie Morandini, non avrei saputo trovare di meglio...

In effetti, varrebbe la pena di noleggiare il film solo per guardare questa scena, degna del peggiore tra i film con Stallone: in un'unica sequenza vediamo scorrerci davanti agli occhi tutti i luoghi comuni riguardanti l'artista al lavoro (c'è quello che muove la mano sulla tela con pennellate nevrotiche, c'è quello che beve, c'è quello che tiene il pennello in bocca per non perdere tempo a posarlo e via discorreno...). Forse, al posto di un improbabile Ave Maria remixato e rappato (dico sul serio...) come tappeto musicale ci sarebbe stato meglio The Eye of the Tiger.

Ma la cosa che mi fa più incazzare non è tanto l'aver perso tempo per guardare questo film...

E' l'averne perso altro per scriverne...

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